Libera Scena Ensemble

Sciolto nel 1972 il Teatro Esse (TS), i fondatori, tra cui Vitiello, Enzo Salomone e Marisa Bello, formano la Libera Scena Ensemble (LSE), un nuovo gruppo teatrale che si distanzia dal TS puntando su una struttura mobile e decentrata, con un’attenzione maggiore al pubblico e alla comunicazione. La LSE abbandona l’approccio sperimentale e provocatorio del TS per adottare un linguaggio teatrale più accessibile e radicato nella realtà popolare


Il TS si scioglie ufficialmente nel luglio del 1972, a causa di un guasto che rese inagibile la cantina di via Martucci. In verità il guasto fu solo la miccia per far esplodere la crisi interna che già da tempo minava il gruppo. Sembrò, ad un certo punto, che gli interessi non convergessero più, che i problemi economici, che rendevano impossibile il decollo professionale, fossero solo la punta dell’iceberg, banali scuse: “…il Teatro Esse finisce…ovviamente si trattò di una fine non indolore…” (1). Forse i veri motivi sono da ricercare nel fare tutto sempre insieme, nel vivere tutti troppo vicini, con le classiche dinamiche che si creano nei gruppi, oltre che alla morsa della città, alla crisi che investe quasi tutti i gruppi sperimentali agli inizi degli anni ‘70: “…Il giorno in cui ci siamo accorti che sulle panche polverose del TS si sedevano sempre più pellicce di visone, che stavamo diventando l’occasione per una certa Napoli di essere presente, vedersi la sera al TS stava diventando una cosa abbastanza snob, non ce la siamo sentiti di continuare così… A ottobre eravamo a casa di Marisa Bello, a via Tasso, a fondare LSE come ulteriore possibilità, sfida…” (2).

Il giorno in cui ci siamo accorti che sulle panche polverose del TS si sedevano sempre più pellicce di visone, che stavamo diventando l’occasione per una certa Napoli di essere presente, vedersi la sera al TS stava diventando una cosa abbastanza snob, non ce la siamo sentiti di continuare così…

Vitiello, insieme ad Enzo Salomone e a Marisa Bello, già componenti del TS, e a nuovi attori, crea la Libera Scena Ensemble che: “…rifiutando la scelta dello scantinato, prima ipotesi di spazio alternativo, sceglie la prospettiva del teatro mobile. L’ipotesi, infatti, rimane sempre quella di raggruppare in maniera organica un ensemble di operatori teatrali professionisti atto a proporre in tutti gli spazi possibili, il proprio prodotto teatrale, frutto di una metodologia di laboratorio per la sperimentazione e la ricerca, le più avanzate e aperte possibili alle nuove esigenze culturali delle classi sociali emergenti…In questa prospettiva la Libera Scena fa sua la politica del decentramento, alla ricerca di un pubblico numericamente, territorialmente e socialmente più vasto…” (3).

Le sede della LSE è a Torre del Greco, dapprima in un appartamento, dove si tenevano le riunioni e le prove, poi, nel 1977, fu preso un garage-sottoscala che fu chiamato Teatro nel Garage, dove si tennero spettacoli e rassegne: “…Teatro nel Garage aveva una gestione collettiva e ognuno della compagnia aveva un ruolo all’interno dello stabile, diventando maschera, direttore di scena o cassiere durante le rassegne organizzate da Gennaro…” (4). La gestione collettiva del gruppo, come già per il TS, provocò quasi subito problemi: “…la dinamica interna della LSE era molto problematica, il voler essere gruppo e quindi il decidere in termini assembleari, democratici, dove tutti fossero uguali, dove il lavoro veniva realizzato collettivamente. Poi, tutto sommato, questo non era vero, perché Gennaro era il capo carismatico e aveva tutte le capacità per esserlo e la democrazia che veniva effettuata era una finta democrazia. Molto spesso lui prendeva delle decisioni contrarie all’opinione del gruppo, creando grossi dissidi interni e defezioni…” (5).

Sicuramente il TS aveva contribuito allo svezzamento teatrale di Napoli, ma questo non significava dover restare legati al passato, soprattutto se le cose sperimentate nella cantina di via Martucci erano realizzabili soltanto lì. I tempi cambiano, nascono nuove esigenze e Vitiello non poteva non sentirle: l’Università diventa un centro di cultura, e la LSE rappresenterà degli spettacoli nell’Aula Magna dell’Università di Napoli. Nasce l’utopia del decentramento, il prodotto teatrale deve essere mobile sul territorio, nasceva l’esigenza “…di spettacoli che fossero più mobili e non una specie di San Carlo in sedicesima, come era via Martucci, dove uno spettacolo non lo potevi tirar fuori da lì perché era stato creato per quello spazio e per quello soltanto…Lo spettacolo nasceva per stare lì dentro e basta. Certo, tutti gli spettacoli si adattano passando da un teatro all’altro, ma era impossibile per quelli ideati per via Martucci…” (6).

La LSE parte, quindi, da un presupposto diverso rispetto al TS: la mobilità, la presenza sul territorio e in periferia, ma non solo. Con la LSE lo spettacolo torna sul palcoscenico, un palcoscenico smontabile, ma pur sempre un palcoscenico, un luogo deputato che divide l’attore dallo spettatore in maniera classica e tradizionale! C’è un maggiore studio, una approfondita riflessione sul pubblico, “…inoltre il bisogno di comunicare con un pubblico che non fosse tutto riconducibile e riunificabile sotto la categoria di una mitica classe operaia…” (7); “…Decidemmo che lo spettatore doveva tornare ad essere tale e noi gli offrivamo un prodotto da guardare, capire, con cui confrontarsi da una certa distanza…” (8).

Non c’è più l’aggressività della Medea nei confronti del pubblico, la comunicazione aggressiva per modi e temi del TS, “…nel TS sia i presupposti teorici, sia le messinscene erano costruite su un linguaggio di rottura, provocatorio, mentre nella LSE era comunicativo. Ci sentivamo partecipi del pubblico, appartenenti alla stessa classe, partecipi del pubblico a cui andavamo a comunicare delle cose, mentre con il TS c’era una specie di frattura con il pubblico…” (9). C’è la sete di pubblici più vasti, anche per verificare la valenza del proprio operare. La scelta di Torre del Greco nasce dall’ipotesi di creare un laboratorio di quartiere, in modo da essere più vicini alla cultura popolare, per creare un “…teatro un po’ diverso, un tipo di teatro improntato più sul popolare, sulla drammaturgia che facesse i conti con la realtà meridionale, contadina, come lo stesso Vitiello teneva molto a sottolineare…” (10).

La LSE terrà sempre ben presenti il cinema, le arti figurative, l’influenza dei mass-media, senza considerarli lontani dal teatro e per questo negativi, anzi, molti spettacoli avranno costruzioni ed influenze cinematografiche evidenti, se non predominanti, come nel caso de La morte di Empedocle, basato su una sceneggiatura cinematografica dello stesso Vitiello. Il nuovo gruppo è il gruppo della commistione, delle contaminazioni culturali.

Il nome “…è in codice, contiene una duplice citazione: il teatro di Piscator (“Scena Piscator”) e il Berliner Ensemble di Brecht…” (11), e proprio Brecht sarà il padre della LSE, come Artaud lo era stato del TS, e grazie agli adattamenti in napoletano dei suoi drammi, la LSE sarà conosciuta in tutta la penisola.

Note:

  1. V. Monaco, La contaminazione teatrale, Patron, Bologna 1981, p. 168
  2. E. Salomone – intervista concessa il 4/10/1991
  3. G. Vitiello – Nascita della Libera Scena Ensemble, 1972 – Archi. Vit.
  4. P. Bosone – intervista concessa il 3/10/1991
  5. M. Bello – intervista concessa il 28/4/1993
  6. E. Salomone – ibidem
  7. V. Monaco – ibidem
  8. M. Bello – ibidem
  9. M. Bello – ibidem
  10. S. Marra – trasmissione radiofonica: Bellosguardo: personaggi e idee del teatro di ricerca a Napoli, s.d. – Arch. Vit.
  11. E. Salomone – ibidem

Testo tratto dalla tesi di laurea in Istituzioni di regia, “Gennaro Vitiello, regista” di Leonilda Cesarano, per il Corso di Laurea in Dams – Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, relatore prof. Arnaldo Picchi.