Assolo per orologio

1982
ASSOLO PER OROLOGIO
di O. Zahradnìk
Regia di Gennaro Vitiello; scene Maria Izzo; costumi Gennaro Vitiello e Maria Izzo; musica Eugenio Ottieri.
Attori: Gennaro Vitiello, Michele Ragni, Cino Teano, Gudrun Gundlach, Luigi Ferraro, Enzo Salomone, Giuseppe Bosone, Mariarca Salomone, Gaetano Fiore, Alfonso D’Alessandro.
Prima rappresentazione nazionale il 16 febbraio 1982 presso il Teatro Goldoni – Venezia.

Assolo per orologio
o il desiderio di volare

“…La commedia affascinò tutti noi per la enorme vis comica e ancor più perché ci incuriosiva il mondo che trattava…” (1).

Prima di approdare al testo di Zahradnìk (2) il gruppo aveva letto testi di autori contemporanei, italiani e stranieri, ma nessuno aveva colpito Vitiello come questo testo, soprattutto per il suo mettere in scena l’incontro/scontro tra due generazioni, quella del 1918 e quella del ‘68, tra nonni e nipoti, con la totale assenza della generazione di mezzo, quella che ha vissuto il nazismo ed i campi di concentramento. Assolo per orologio aveva un impianto teatrale tradizionale in tre atti, con sottili richiami al vaudeville e al film giallo, con una trama poetica “…ricca di humus ebraico tra Kafka e Chagall…” (3).

“…Non è propriamente una rilettura la nostra, è veramente un’interpretazione…Nel corso di quest’anno noi siamo stati spinti a cercare una nuova drammaturgia…Volevamo avvicinarci ad un contemporaneo…Volevamo rendere la contemporaneità come drammaturgia…” (4).

Assolo per orologio è il primo spettacolo del Carnevale Napoli a Venezia, tenutosi nella città lagunare dal 16 al 23 febbraio del 1982, una manifestazione ideata e organizzata da Maurizio Scaparro in collaborazione con i Comuni di Napoli e Venezia e la Biennale Teatro. Una rassegna nata soprattutto per “…segnalare all’attenzione internazionale le forze e gli stimoli culturali di una città forse unica per ricchezza di proposte spettacolari…” (5).

Gli artisti presenti, oltre alla LSE a cui, abbiamo detto, spetta il compito di inaugurare la rassegna al Teatro Goldoni, sono: Peppe Barra, Leopoldo Mastelloni, Mariano Rigillo, Luigi de Filippo, Ente Teatro Cronaca, i fratelli Giuffrè, il Piccolo Teatro di Milano, la Compagnia Alfred Jarry, Eugenio Bennato, Falso Movimento, Spazio Libero, la Cooperativa Gli Ipocriti“…quello che conta…al di là dei singoli spettacoli, è l’evento complessivo, esso per primo spettacolo…Poi – aggiunge ancora Scaparro – non ci saranno protagonisti, protagonista sarà Napoli…” (6).

Un ticchettìo che cresce pian piano di intensità dà il via alla storia che narra di tre anziani, un orologiaio, un ex-impiegato delle poste ed una signora che si finge una gran dama, che si recano tutti i venerdì a prendere il té da un vecchio lift in pensione, l’unico a possedere ancora una casa propria e a non vivere in un’ospizio. Con lui vive il nipote che beve Coca-Cola e sogna l’occidente e la beat-generation, ma nel frattempo riceve qui la fidanzata e, insieme a lei, ridicolizza i giovanotti convenuti. Tutti i venerdì si raccontano e parlano delle stesse cose: l’orologiaio sogna di sincronizzare tutti gli orologi e riparare quello della Torre, fermo da anni, sogno oramai diventato un’ossessione. La signora racconta di un fantomatico figlio, illustre chirurgo in Svizzera. L’ex-impiegato non riesce a smettere di fare commissioni per tutti in cambio di mance. L’ospite, invece, deve combattere quotidianamente con il nipote che gli rinfaccia continuamente la misera carriera e vuole appropriarsi dell’appartamento per sposarsi.

Il centro dello spettacolo è dunque l’appartamento, oasi di pace per gli ospiti dell’ospizio, spazio necessario per il nipote. L’idea registica di partenza per la messinscena è un’idea visiva: dal momento che tutti e tre gli atti si svolgono in un mini-appartamento di Bratislava, Vitiello pensa che sarebbe interessante curiosarvi, guardarvi dentro come attraverso delle finestre. Da questa idea parte la costruzione della scena, realizzata da Maria Izzo: un contenitore-casa che ad ogni atto cambia posizione ruotando su se stesso, offrendo così un punto di vista diverso ad ogni apertura di sipario, “…quasi per invitare a spiare, anche attraverso le finestre, i sentimenti di quegli strani personaggi…” (7). All’interno un arredamento borghese: un tavolo rotondo con delle sedie, un sofà, una credenza e l’orologio.

L’ideazione e la realizzazione di questa scena riportano ad una ricerca orientata verso la riproduzione di effetti tipici del cinema e della TV in particolare, poichè il luogo dell’azione è osservato ogni volta da un’angolazione diversa, da un altro punto di vista, come se si trattasse delle riprese di uno sceneggiato televisivo. Certo la tecnica di commistione era stata già provata nel Woyzeck, ma mentre nel testo di Bü chner questo tipo di tecnica era giusitificato dalla struttura a scene del dramma, tanto da far parlare di STATIONENDRAMA (8), nel testo di Zahradnìk appare come una forzatura, come qualcosa di esterno: “…lo spettacolo soffre di uno stato ibrido e poco risolto…” (9).

La critica non sarà benevola con lo spettacolo: “…Apertura un po’ sotto tono, visto che alla fine del primo atto, l’altra sera al Goldoni, buona parte degli scarsi spettatori presenti si affrettavano all’uscita…” (10); “…Lo spettatore rimane sconcertato davanti a questa commedia di un tradizionalismo così puro e radicale…Qualche taglio qua e là e una maggiore carica comica gioverebbero certamente all’andamento dello spettacolo…” (11); “…Il regista Vitiello ha invero fatto del suo meglio per vivificare con un respiro jiddish un raggelato vaudeville danubiano: ma di Canetti, ahimè, ce n’è uno solo…” (12).

Anche questa volta tutto il lavoro di ricerca e di regia sembra non uscire fuori, il motivo della scelta del testo da parte di Vitiello sfugge ai più: nessuno parla dell’orologio come metafora del tempo perduto, nè della nostalgia della gioventù, del tormento di sentirsi inutili o dello scontro tra generazioni. Sembrano fermarsi al primo aspetto: “…la piéce di Zahradnìk…è fondata su contenuti e motivi…che risulteranno certo interessanti e rivoluzionari in Cecoslovacchia…ma per noi occidentali restano datati…” (13); “…Gli spettatori vengono invitati ad essere i voyeurs di un mondo che – in fondo – non li riguarda…” (14).

Vitiello nelle interviste che concederà sottolineerà soprattutto la valenza politica della scelta di questo testo: “…Non si è preparati a sentire sottintesi i problemi da uno che vive in un paese con la dittatura…E’ più facile fare la contestazione vivendo fuori dai paesi dell’Est, dai paesei totalitari…Il difficile è farlo dentro…” (15), per questo l’autore rappresenta tutto il suo paese attraverso due generazioni lontane tra loro, con la solitudine dei vecchi e la mancanza di prospettive dei giovani, anche se semplicisticamente può sembrare che i problemi dell’anima si mescolino con quelli della mancanza di alloggi! La metafora per Zahradnìk è l’unica forma di linguaggio permessa ed è metaforico anche il finale: il nipote che vola via con la sua fidanzata non è solo “…un finale alla Chagall, davvero poco entusiasmante…” (16), ma il desiderio di “…volare in paesi dove non si concede più di volare…” (17).

“Fai qualcosa che serva alla gente: vola!”: è l’ultima battuta che Vitiello/nonno recita.

Recensioni:

  • S.R. – “Il teatro è anche un atto di fiducia”, Il Messaggero 21/1/1982
  • G.A. Cibotto – “La forza del sogno”, Il Gazzettino 18/2/1982
  • M.G. Gregori – “Venezia strapiena: questo Carnevale non è uno scherzo”, l’Unità 18/2/1982
  • Anon. – “Il tic-tac del socialismo reale”, Lotta Continua 19/2/1982
  • A. Carbonara – “Noi a Venezia: G. Vitiello si confessa”, Napolioggi 24/2/1982
  • T. Longo – “Amaro tè per tre”, Stampa Sera 17/4/1982
  • A.B. – “Sotto i riflettori c’è la vita quotidiana”, la Repubblica 20/4/1982
  • Anon. – “Assolo per orologio“, Gazzetta di Parma 23/4/1982
  • R. Borbolini – “L’orologio stona nell’Assolo“, il Giornale 23/4/1982
  • L.R. – “Assolo per orologio con finale alla Chagall”, Gazzetta di Parma 25/4/1982
  • E. Fiore – “Assolo per orologio con accordi televisivi”, Paese Sera 3/6/1982
  • A. Carbonara – “Una favola in un paese senza libertà”, Napolioggi 16/6/1982

Note:

  1. LSE – programma di sala Assolo per orologio – febbraio 1982
  2. Osvald Zahradnìk (Bratislava, 1932) lavora come operaio, elettricista, trattorista e boscaiolo prima di trasferirsi a Praga, dove si laurea in filosofia presso l’Università “Carlo”. Lavora alla radio dal 1961 al 1971 come direttore e programmatore dello Spettacolo e scrive radiodrammi. Nel 1972 c’è il suo debutto teatrale, proprio con Assolo per orologio, al Teatro Nazionale Slovacco di Bratislava. Lo spettacolo ha un enorme successo di pubblico e critica e nel 1973 viene rappresentato al Teatro d’Arte “M. Gorki” di Mosca, dove resta in cartellone per sei stagioni teatrali. Zahradnìk ha scritto in seguito altri testi teatrali, rappresentati un po’ ovunque nell’Europa dell’Est.
  3. LSE – ibidem
  4. Vitiello intervistato da Alessandra Carbonara – “Noi a Venezia”, Napolioggi Più del 24/2/1982
  5. An. Fi. – “Napoli e Venezia, su la maschera!”, Il Mattino del 21/1/82
  6. L. Libero – “1000 scugnizzi nel Campiello”, l’Unità del 21/1/82. Al proposito bisogna, però, registrare una dichiarazione polemica dello stesso Vitiello sulla qualità degli spettacoli presentati alla rassegna. “…avrebbero dovuto fare un discorso di tutte novità o perlomeno di quello che succede nell’ultimo momento. E’ evidente che non l’hanno fatto…Il post-moderno presenta delle cose nuove, ma poi c’è un teatro che chiamano di tradizione rivisitata, ed è veramente rivisitata perché sono due o tre anni che non cambia argomento…potevamo portare anche noi roba già fatta, cioè cose di tre anni fa: Assolo per orologio è invece il nostro prodotto di oggi…” , A. Carbonara – ibidem
  7. Tiziana Longo – “Amaro tè per tre”, Stampa Sera del 17/4/1982
  8. Cfr. cap. II, § 10 della tesi
  9. Roberto Barbolini – “L’orologio stona nell’ “Assolo” “, Il Giornale del 23/4/1982
  10. Anon. – “Mastelloni maschera polemica del Carnevale”, Corriere della Sera del 18/2/182
  11. T. Longo – ibidem
  12. An. Fi. – “Pacebbene fa il pieno”, Il Mattino del 19/2/1982
  13. Enrico Fiore – “Assolo per orologio con accordi televisivi”, Paese Sera del 3/6/1982
  14. R. Barbolini – ibidem
  15. Alessandra Carbonara – “Una favola in un paese senza libertà”, Napolioggi Più del 16/6/1982
  16. L. R. – ” “Assolo per orologio” con finale alla Chagall”, Gazzetta di Parma del 25/4/1982
  17. A. Carbonara – ibidem

Testo tratto dalla tesi di laurea in Istituzioni di regia, “Gennaro Vitiello, regista” di Leonilda Cesarano, per il Corso di Laurea in Dams – Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, relatore prof. Arnaldo Picchi.