I nuovi dolori del giovane Werther
1975
I NUOVI DOLORI DEL GIOVANE WERTHER
di U. Plenzdorf
Traduzione, adattamento teatrale e regia di Gennaro Vitiello; scene e costumi LSE; musiche di Giorgio Vitale.
Attori: Mario Salomone (Edgar W.), Silvana Lianza (Sig.ra Wibeau), Stefano de Matteis (Sig. Wibeau), Vincenzo Salomone (Willi), Marisa Bello (Charlotta), Giuseppe De Nubbio (Dieter), Michele Ragni (Addì).
Prima rappresentazione nazionale il 12 gennaio 1975 presso il Teatro nel Garage, Torre del Greco – Napoli.
I nuovi dolori del giovane Werther
l’amore come unica salvezza?
Dopo la pausa andalusa di Lorca, Vitiello ritorna al mondo tedesco con un testo che gli fu proposto e finanziato dal Goethe Institut di Napoli: I nuovi dolori del giovane Werther, con cui la LSE inaugura la stagione teatrale 1975/75: “…Vitiello fa un adattamento teatrale di questo romanzo ed il testo teatrale di Plenzdorf fu pubblicato successivamente al suo adattamento, com’era già accaduto per Lorca e Genet…” (1).
“… I nuovi dolori fu un testo scatenante per la dinamica interna del gruppo perché Gennaro scelse questo testo insieme a quelli del Goethe Institut, praticamente all’insaputa del gruppo, perché finanziavano lo spettacolo. Dovemmo costruire una messinscena non scelta da noi, ma lo spettacolo fu ugualmente un’operazione interessante perché il testo era un romanzo e noi ne facemmo un adattamento teatrale, ne dovemmo ricavare dei dialoghi. Il grosso del lavoro fu fatto da Gennaro, ma ci fu anche una collaborazione collettiva…” (2).
Lo spettacolo iniziava con il ricordare gli ultimi giorni della vita di Edgar, il protagonista, da parte dei genitori e degli amici con una serie di flashback, quasi una faticosa ricostruzione degli ultimi giorni della sua vita. Il ragazzo, infatti, è morto mentre tentava di far funzionare una sua invenzione, un nuovo tipo di compressore che avrebbe dovuto riabilitarlo agli occhi degli amici e dei colleghi di lavoro. In verità, Edgar è scappato di casa da tempo, ma nessuno ha mai saputo dove sia andato, e la cosa interessa ancor meno la madre, indignata per il comportamento del figlio a scuola: “…Pensa, il figlio della direttrice, l’apprendista e studente migliore, la media del 9,9, prende una piega da delinquente…” (3). Sulla scena alla rievocazione da parte dei vivi del giovane si intrecciava la voce preregistrata di Edgar mentre legge stralci de I dolori del giovane Werther di Goethe, un libro piuttosto malandato, privo della copertina, scovato nel bagno del capannone dove ha trovato rifugio e di cui, quindi, ignora il titolo. Vitiello propone così l’ideale di vita del protagonista, il suo ideale di rinnovamento che dovrebbe avvenire attraverso i sentimenti. Ma a questo suo ideale si contrappone l’ordine sociale, basato su rigidi schemi precostituiti, su logiche di conformismo, logiche che il regista fa notare sono presenti già nella famiglia e poi a scuola: “…Anche qui, come nell’Ur-Faust, il gruppo Libera Scena affronta il rapporto fra l’individuo, portatore di nuove esigenze e una società cattiva che invecchia ripiegata su se stessa…l’amore è una metafora del bisogno di un rinnovamento che attraversi tutto l’individuo…L’amore come metafora che delinea la nascita di un nuovo individuo…” (4). Riaffiora, così, la perenne lotta dell’uomo per l’affermazione della sua libertà: “…Che poi mi dovevano giudicare per forza libertino e depravato perché portavo i capelli lunghi, non avevo le pieghe ai pantaloni, non mi alzavo alle cinque del mattino e non mi lavavo con l’acqua fredda…” (5).
La scena era un capanno, “elaborato da una cosa di Kandinskij” (6) con un lungo telo, pieno di fori: “…tutto quello che Gennaro ha portato nelle messinscene veniva in qualche modo dal mondo dell’arte, in questo caso erano i teli bruciati di Burri e le avanguardie russe…” (7). “…La scena ricca di colori, con chiari riferimenti pittorici, un enorme gioco-paravento-rifugio kandiskjano al centro, e, quasi stracciati in una tela di ricordi, alcuni ambienti dove i vivi rievocano…” (8); “…Molto spesso il punto di partenza di un lavoro poteva essere un quadro. Ne I dolori era tutto stato costruito come la rappresentazione di un quadro, tanti buchi da cui uscivano gli attori che rappresentavano situazioni familiari e la disperazione del giovane Werther, che alla fine muore. Da una parte c’è lo spettacolo rappresentato come enorme felicità, dall’altra è uno spettacolo che racconta le difficoltà esistenziali che portano alla morte…” (9).
I costumi erano invece abiti normali, borghesi.
Sullo sfondo venivano proiettate diapositive e filmati degli stessi attori, in modo da alternare alla recitazione dal vivo la recitazione cinematografica. “…Per la recitazione non ci furono molte indicazioni, anche perché il lavoro attorale era interrotto da diapositive e filmati, sempre raffiguranti noi attori mentre recitavamo il testo. Sul palco c’erano così due recitazioni: una proiettata e l’altra dal vivo…” (10).
Vitiello, per accentuare il conflitto tra Edgar e la società in cui vive, alterna musica jazz ad un Bach rigoroso, luci mobili per Edgar e tagli di luce per gli altri personaggi: “…(LSE) che, di fatto, lavorò tenendo presente e fortemente anche il Werther goethiano. Il linguaggio delle immagini era costruito in modo da sottolineare il distacco fra il mondo giovane di W., felice e poetico, e quello degli altri personaggi: rigido e formale. Anche le musiche seguivano questo duplice terreno: felice jazz degli anni Quaranta ed un rigoroso Bach per violoncello solo. Anche le luci rappresentavano questa duplicità di piani: piazzati tagli di luce per illuminare i vari personaggi, luci mobili da un punto all’altro della scena per il giovane W. che le muoveva liberamente…” (11).
Ma “…il punto debole dello spettacolo è proprio il testo; il discusso e discutibile romanzo vorrebbe essere polemico o critico, e in effetti risulta essere soltanto…poco comprensibile. Chiaro quindi come risulti faticoso agli attori dell’Ensemble dar plausibilità al testo…eppure in complesso il risultato non è certo dei peggiori, lo spettacolo risulta compatto e senza concessioni o costruzioni gratuite…” (12).
Note:
- V. Salomone – intervista concessa il 4/11/1991
- M. Bello – intervista concessa il 28/4/1993
- G. Vitiello – dalla traduzione de I nuovi dolori del giovane Werther – Arch. Vit.
- V. Monaco – La contaminazione teatrale, cit., pp. 172/73
- G. Vitiello – ibidem
- M. Bello – ibidem
- M. Bello – ibidem
- G. Baffi – “I nuovi dolori del giovane Werther“, Sipario n° 345, febbraio 1975
- S. De Matteis – intervista concessa il 25/10/1995
- M. Bello – ibidem
- V. Monaco – ibidem
- G. Baffi – ibidem
Recensioni:
- G. Baffi – “I nuovi dolori del giovane Werther“, Sipario n° 345 1975
- Anon. – “Iniziato il Giugno Popolare Vesuviano“, l’Unità 25/6/1975
- Anon. – “Giugno Popolare Vesuviano“, La Torre 27/6/1975
- Anon. – “Le sovvenzioni alle compagnie teatrali”, l’Unità 5/8/1975
Testo tratto dalla tesi di laurea in Istituzioni di regia, “Gennaro Vitiello, regista” di Leonilda Cesarano, per il Corso di Laurea in Dams – Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, relatore prof. Arnaldo Picchi.