Operetta per una bambola
1982
OPERETTA PER UNA BAMBOLA
tratto da Los Titeres de cachiporra di F. G. Lorca
Traduzione, adattamento e regia Gennaro Vitiello; scene e costumi Maria Izzo; musiche Alfonso Mudarra, Miles Davis, C. Mingus, Albeniz, Soler, Tarrega.
Attori: Enzo Salomone (Cristobita), Lilli Cerere (Rosita), Michele Ragni (Cocolice), Peppe Bosone (Currito del Porto), Ciro Discolo (oste Spaventanuvole), Luigi Ferrara (padre, barbiere), Patrizia Fantasia, Nora Ceratto, Maria Izzo (calzolaio Scassalanima).
Prima rappresentazione l’11 dicembre 1982 presso il Teatro E. Piscator – Catania.
Operetta per una bambola
il progetto per Lorca
Vitiello nel 1982 decide di ritornare ad uno dei suoi grandi amori, Lorca, e lo fa riproponendo un testo già affrontato con il TS prima e la LSE poi: Los titeras de cochiporra. A chi gli chiede perché Lorca, il regista risponde “…perché è un autore a cui dobbiamo moltissimo…nonostante sia stato accantonato dalla generazione del ‘68, che vi individuava connotati di decadenza. Eppure, pochi autori sono solari, pieni di felicità e di vita come lui…” (1). Vitiello propone lo spettacolo in due diverse versioni: Operetta per una bambol con attori in carne ed ossa, e “Nozze di sanguinaccio presentato nelle scuole con burattini e gabbiotto, messo in scena dopo un seminario con gli alunni di alcune scuole medie.
La trama è semplice, ma ricca di “…un’immaginazione fresca e appassionata…” (2): Rosita ha tre spasimanti, Cristobal, ricco ma anziano, Cocolice, di cui è innamorata, ma è mammone e piagnucolone, e l’avventuriero Currito del Porto, di cui però rifiuta la corte. Sarà costretta dal padre a sposare Cristobal, ma Currito, geloso, lo ucciderà e Rosita potrà così unirsi al suo amato Cocolice. Una trama semplice si è detto, basata su un amore contrastato, Lorca aveva scritto il testo appena ventenne (3), ma il mondo poetico dell’autore è già presente con i motivi essenziali dell’amore e della morte, anche se è un’opera gioiosa, scritta per i burattini, per il teatro delle randellate andaluso. Un’opera gioiosa perché la morte non è niente di spaventoso, il sangue non scorre davvero quando Cristobal cade a terra colpito da Currito e tutti si accorgono che non era una persona, ma un burattino con la testa di legno (4).
Vitiello costruisce lo spettacolo sul costante parallelo tra la Spagna e Napoli, trasformando la maja spagnola ne la maestà del quartiere napoletano, il brigante diventa contrabbandiere, la gitana la zingara, Cocolice è Pulcinella, Rosita è Teresella, sottolineando “…la consapevolezza dell’affinità antropologica tra personaggi e tipi del Mediterraneo…” (5). Lo spettacolo è un’inversione di rotta rispetto a quelli di Brecht: mentre questi si basavano su meccanismi di contrasto, con Lorca, invece, lavorando sull’Andalusia come metafora del Sud, Vitiello ha lavorato sull’analogia, per cui Cocolice e Pulcinella sono una maschera sola, si fondono spontaneamente in un doppio teatrale che continua anche nel linguaggio teatrale: la zarzuela (6) si fonde con la sceneggiata e l’avanspettacolo, il teatro napoletano dei lazzi con i pupi siciliani, il presepe con la tarantella, le carte da gioco napoletane con il varietà.
I riferimenti sono tanti, eppure convivono perfettamente in questo spettacolo basato sul dualismo, senza contrasti, così Rosita che si affaccia alla finestra è sì agghindata come una maja spagnola, ma ha in mano il cuore trafitto da due spade come la Madonna Addolorata; Cristobal è sì un burattino, ma è anche vestito come un asso di bastoni. Il doppio ritorna anche nelle indicazioni registiche date agli attori, liberi di attingere ai più diversi stili, ma tenendo ben presente “… la doppia comune cultura araba, il sole e la luna, le torri saracene delle nostre coste e i patii dell’Alhambra…” (7).
La scena è di Maria Izzo e si ispira a Mirò e Gris: “…l’impianto naif della scena di Maria Izzo, ispirato ai fiori ed ai teneri colori della pittura di Mirò, con i muri bianchi e di tenue pastello, il patio e le grate moresche…” (8), con il sole e la luna che si levano e tramontano in cima ad una lunga asta, “…una scenografia da favola…” (9). E l’azione procede per quadri nella piazza davanti alla casa della bella Rosita e nelle botteghe intorno alla piazza, popolate da garzoni, barbieri, calzolai, osti, zanzare dispettose, uomini sui trampoli: un mondo popolare, i cui personaggi spesso parlano da finestrelle proprio come nel teatro dei burattini. Anche i costumi sono di Maria Izzo, finemente realizzati, si ispirano al barocco e sottolinaeno il solare collegamento tra le diverse culture meridionali, come anche la lingua che parlano gli attori: un misto di italiano-spagnolo-napoletano.
Importanto sono anche le musiche: zarzuela, melos siciliano e napoletano, jazz di Davis e Mingus, brani di Alben, Sor, Tarrega, che non fanno da semplice sfondo, ma sottolineano le azioni, come quando i sussulti da incubo di Cocolice sono in perfetta sintonia con i tempi di un tango.
Vitiello ripropone il testo di Lorca perché “…ci siamo accorti, dopo due lavori drammatici…che, almeno qui al Sud, qualsiasi discorso viene accettato molto più facilmente sotto la veste comica…” (10), anche se nel testo c’è già l’anima tragica che porta alla morte violenta come in Nozze di sangue. Il gioco diventa metafora della vita, come già nel testo del Ruzante o ne La magia della farfalla: si usano temi leggeri per parlare della vita e della morte alla gente, al popolo, con un teatro immediato.
Un testo che mantiene la sua freschezza nonostante le diverse messinscene e forse Luciana Libero confonde questa freschezza “…con quell’aria sempre un po’ naïf e poco professionale…” (11) di cui parla quando descrive lo spettacolo come “…troppo fresco per appartenere in fondo ad un regista che fa teatro da circa vent’ anni…” (12). Invece, forse, la novità e la bellezza di questo allestimento del testo di Lorca è proprio in quest’aria leggera e giocosa, in questa gioiosità che si allontana dai toni cupi degli spettacoli precedenti, dove l’asso di bastoni-Cristobal è il doppio del matador spagnolo, ma anche del Miles Gloriosus, dei combattenti eroici di Omero, ma anche di tutti i burattini con il randello.
Un testo riproposto da Vitiello perchè “…Io credo in un teatro della poesia…” (13).
Recensioni:
- Anon: – “Una bambola al Piscator”, Espresso Sera 11/12/1982
- M.D.G. – “Ragazzi che bambola”, La Sicilia 14/12/1982
- Anon. – “Operetta per una bambola di Lorca al teatro Cilea”, l’Unità 15/12/1982
- T.M. – “Cuore di bambola”, Il Mattino 15/12/1982
- E. Fiore – “Gli amori di Rosita come sceneggiata“, Paese Sera 17/12/1982
- L. Libero – “C’è più Napoli che Spagna in questa Operetta per la bambola di Garcìa Lorca”, l’Unità 17/12/1982
- E. Fiore – “Un colorato balletto fra majas e pupi”, Paese Sera 17/12/1982
- F.d.C. – “Capriccio andaluso”, Il Mattino 17/12/1982
- B. Gambacorta – “Operetta per una bambola al Teatro Cilea”, il Manifesto 18/12/1982
- P. de Angelis – “E’ un Lorca decennale”, Napolioggi 22/12/1982
- L.S. – “Operetta per una bambola“, 4 pagine 12/3/1983
- Anon. – “La bambola di Lorca al Testoni”, il Resto del Carlino 16/3/1983
- Anon. – “Una operetta comica con un finale tragico”, La guida 18/3/1983
- L. Sugliano – “Nel confronto con la Spagna il trionfo della napoletanità”, La Stampa 19/3/1983
- C. Cumani – “Lorca alla napoletana”, il Resto del Carlino 19/3/1983
- Anon. – “Quella bambola andalusa”, Il Mattino 3/4/1983
- Anon. – “Bambola andalusa di Garcìa Lorca”, Carlino Padova 5/4/1983
- G.A. Cibotto – “La bambola di Garcìa Lorca”, Il Gazzettino 7/4/1983
- G. Pullini – “Pulcinella napoletano non abita a Granada”, Il Mattino di Padova 7/4/1983
Note:
- T.M. – “Cuore di bambola”, Il Mattino del 15/2/1982
- Enrico Fiore – “Gli amori di Rosita come sceneggiata“, Paese Sera del 15/12/1982
- L’opera di Lorca fu portata in scena per la prima volta a Madrid durante la guerra civile al Teatro de la Zarzuela, con la regia di Rafael Alberti e di Felipe Lluch Garìn (1937 circa).
- “…E’ questo il personaggio di maggior rilievo, nel disegno grottesco e gustoso che ne dà Enzo Salomone…con ironica invenzione di gesti e articolazioni da marionetta…” – Franco de Ciuceis – “Capriccio andaluso”, Il Mattino del 17/12/1982
- G. Vitiello – programma di sala Operetta per una bambola – dicembre 1982
- La zarzuela è un genere teatrale spagnolo tra la commedia e la rivista, generalmente in due atti, con interventi musicali, di canto e danza. Nata come divertimento di corte, prese nome dal Real sitio de la Zarzuela, nel parco del Prado, a Madrid, verso la metà del sec. XVII.
- G. Vitiello – ibidem
- Franco de Ciuceis – “Capriccio Andaluso”, Il Mattino del 17/12/1982
- Giorgio Pullini – “Pulcinella napoletano non abita a Granada”, Il Mattino di Padova del 7/4/1983
- Bruno Gambacorta – “Operetta per una bambola al Teatro Cilea” il manifesto del 18/12/1982
- Luciana Libero – “C’è più Napoli che Spagna in questa “Operetta per la bambola” di Garcia Lorca”, l’Unità del 17/12/1982
- L. Libero – ibidem
- T.M. – ibidem
Testo tratto dalla tesi di laurea in Istituzioni di regia, “Gennaro Vitiello, regista” di Leonilda Cesarano, per il Corso di Laurea in Dams – Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, relatore prof. Arnaldo Picchi.